Giovanni Paisiello e la casa-museo in Città Vecchia
- orizzontecultura2
- 9 mag 2021
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La recente notizia dell’insediamento di un comitato tecnico-scientifico che dovrà occuparsi dell’allestimento del nascente museo nella casa di Giovanni Paisiello, ci sollecita oggi a ricordare l’anniversario della sua nascita e a raccontare alcuni aspetti della vita privata del celebre compositore settecentesco, certamente meno importanti o conosciuti di quelli relativi alla sua folgorante carriera di musicista ma che forse riescono a stimolare curiosità e interesse nei suoi concittadini.

Giovanni nasce a Taranto nel 1740 da Francesco e da Grazia Antonia Fuggiale.
La famiglia nel 1746 abita in casa del fratello di Grazia, il sacerdote secolare Francesco Fuggiale, in pittaggio S. Pietro, nel cui basso Francesco “marescalco” svolge la sua attività di fabbro ferraio. Giovanni vive la sua infanzia in un secolo di grandi pulsioni e di tanti fermenti culturali, in una città con grandi problemi, ma con la voglia di riscatto che deriva dal contrasto fra la propria condizione e i cambiamenti che avvengono in Europa, dei quali anche a Taranto arrivano gli echi. Nei vicoli stretti e bui avrà corso, riso e giocato, qui nel respiro dello scirocco che mangia il tufo dei palazzi si sarà formata la sua sensibilità musicale e al pari di tanti altri suoi coetanei anche lui forse, sarà rimasto per ore col naso all’insù, verso le finestre del vicino teatro di casa Calò, a cogliere i suoni delle spinette, le note di una qualche romanza cantata da un baritono proveniente da Napoli, le carrozze luccicanti degli invitati, gli abiti delle signore.
Da lì a qualche decennio, Giovanni sarebbe stato conteso dalle corti europee, da re, zarine ed imperatori, la sua musica avrebbe fatto testo per generazioni di compositori e il suo nome sarebbe stato pronunciato con rispetto e riverenza.
Intanto all’età di cinque anni Giovanni viene ammesso come piccolo cantore nella cappella del Collegio gesuitico di Taranto, ad un passo dalla casa natale, rimanendo all’interno del convento per circa dieci anni. E’ lì che il suo talento canoro, scoperto e coltivato dal tenore Carlo Resta, sacerdote e bravissimo suonatore di arciliuto, amico dello zio materno e il sostegno finanziario di mecenati come Girolamo Carducci Agustini, marchese di Fragagnano e Domenico Gagliardo, il padre del più famoso Giovan Battista, gli garantiscono l’ingresso nel 1754 nel conservatorio di S. Onofrio a Napoli. A Taranto sarebbe tornato raramente per salutare gli anziani genitori e le amatissime sorelle.
Gli anni che vanno dal 1752 al 1754 sono importanti per la famiglia Paisiello, mastro Francesco con la sua famiglia continua ad abitare nella casa ereditaria della famiglia Fuggiale “suprano e basso con più stanze e membri sita e posta nella strada publica che si và per la chiesa de Reverendi Padri Gesuiti…” e disponendo di alcune somme frutto del suo lavoro artigiano, si adopera con non poca spesa a migliorare “la casa palaziata” e ad ampliarla con la costruzione di altre stanze. Nello stesso periodo interviene economicamente a sostegno dei cognati i quali, per insolvenze nel pagamento dell’affitto degli uliveti a Muriveteres, concessi loro in enfiteusi dal Monastero delle Orfanelle sotto il titolo di S. Michele di Taranto, gli vendono le loro proprietà per “non cederle in aliena mano”.
Così l’anno della partenza di Giovanni per Napoli, i Paisiello risultano proprietari di un terreno a Muriveteres con 44 alberi di olivo e di “una casa consistente in sala e due camere, tre torri, astrico, scala di pietra, basso, altre tre camere nel detto sottano, cisterna d’acqua conservativa, cloaca, pila da lavare ed altri membri sita dentro l’abitato di questa città, nel pittaggio S. Pietro confine la casa dotale di Giacoma di Barbera, la casa di esso rev. abate Passiante, sopra della quale casa asserì la detta Grazia esservi suoi dotali la somma di docati cento”.

La lettura attenta della documentazione custodita nel locale Archivio di Stato e oggetto di una bella mostra di molti anni addietro, chiarisce e pone fine ad una annosa disputa tra gli studiosi che nel corso del tempo hanno avanzato dubbi sull’effettiva nascita del musicista nel modesto palazzetto nei pressi della chiesa di Monteoliveto, quello al numero 16 della via a lui intitolata dal Comune di Taranto nel 1871. I dubbi più volte espressi nel corso degli anni partivano dalla considerazione che se la casa era entrata in possesso della famiglia Paisiello nel 1754, cioè ben 14 anni dopo la nascita di Giovanni, non poteva essere quella in cui il musicista aveva visto la luce.
Invece a questa modesta casa natia il musicista deve essere stato molto legato pur avendoci abitato solo per i primi anni della sua vita, tanto da volerne conservare il possesso. Infatti nel testamento di suo padre Francesco, redatto nel 1777, era prevista la facoltà per Giovanni di acquisire l’intera proprietà della casa corrispondendo il dovuto alle sorelle, tanto è vero che nel 1787, mentre il Maestro “dimorava nell’Impero di Moscovia”, il suo procuratore tarantino Tommaso Ciura, come da suo incarico, corrispose a Maria Saveria mille ducati e a Ippolita trecento a titolo di dote, riservando così a sé, il palazzetto.

Non sappiamo per quanto tempo Giovanni ha conservato la sua casa, non avendo avuto figli propri probabilmente la trasferì in eredità ai due nipoti Luigi Cataldo e Ferdinando, figli della sorella Ippolita, sposata a Francesco Gentile. Passano gli anni, il palazzetto di quattro camere a pianterreno, sei al primo, sei al secondo e una soffitta, passa di famiglia in famiglia, i Buonincontro, i Colella, i Melucci, i De Noto, un’altra famiglia tarantina che ha dato lustro alla città e alla sua Cultura e altri ancora. Non sappiamo chi fossero queste famiglie, né se nella loro permanenza in via Le Fogge, ribattezzata nel frattempo via Paisiello, sapessero dell’esistenza del famoso inquilino.
La casa perviene al Comune di Taranto solo nel 1985 ma l’intenzione di onorare in qualche modo la casa natale di Paisiello rimonta ai primi decenni del Novecento, “Premesso che è secolare legittima aspirazione della cittadinanza tarentina, suffragata, con affettuosa appassionata insistenza, dai voti d’insigni personalità e dalla stampa locale e nazionale, di tributare degne onoranze all’immortale musicista Giovanni Paisiello, orgoglio di Taranto e fulgida gloria dell’arte italiana nel mondo intero…” Inizia così la delibera adottata nel lontano 20 aprile 1931 dal Comune di Taranto con la quale si fanno voti perché lo Stato acquisti e dichiari monumento nazionale la casa natale del musicista tarantino da destinare a museo o biblioteca paisielliana. La legittima aspirazione cittadina, considerata un dovere civico che avrebbe conferito lustro alla città bimare dando vita anche ad un centro di interesse per nuovi studi musicali, trovava eco e sostegno nei personaggi di maggiore spicco del panorama culturale nazionale, da Mario Costa al commediografo Carlo Veneziani, dal compositore Adriano Lualdi, a Pietro Mascagni, Umberto Giordano e tanti altri, ma non se ne fece nulla, e non era la prima volta che l’ amministrazione comunale tarantina si mostrasse miope e impreparata culturalmente. Era già successo nel 1889 quando a Napoli venne demolita la Chiesa dell’Incoronata, in cui erano conservate le ceneri del musicista. In quella occasione il consiglio comunale aveva deliberato di nominare una commissione per ottenere dalla città partenopea la traslazione dei resti di Paisiello, la commissione venne formata, si fecero riunioni, si dibatté per quasi due anni sulla opportunità dell’iniziativa, su quali somme preventivare per portare a compimento l’impresa. E così mentre tutta l’attenzione del mondo guardava a Parigi dove all’Opera Comique si stava preparando la rappresentazione del Barbiere di Siviglia, giudicata “incomparabile” dal famoso critico musicale del Journal des Debats, a Taranto si dibatteva su chi doveva a proprie spese recarsi a Napoli per pretendere le spoglie del Maestro. Non se ne fece nulla e a nulla servirono gli interventi di firme prestigiose della carta stampata che sollecitavano la pubblica amministrazione a fare presto, a raccogliere fondi “ preparando una gran festa artistica, forzando gli scrigni dei ricchi timorati per omaggio all’insigne rifondatore delle musicali discipline” e addirittura l’idea di pubblicare a Taranto le opere di Paisiello venne alla fine accantonata “poiché le spese avrebbero di certo superato gli introiti”. Nessun profeta è gradito in Patria, verrebbe da dire…..

CREDIT IMMAGINI:
- Ritratto di G.Paisiello al clavicordo (Elisabeth Vigée Le Brun, 1791)
- Quadro di Annibale Gatti (1827-1909), «Giovanni Paisiello allestisce “La Serva Padrona”» (1873, olio sul tela, collezione privata)
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