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Ha da passà ‘a nuttata

  • orizzontecultura2
  • 24 apr 2021
  • Tempo di lettura: 3 min


25 aprile 1945

Festa della Liberazione. La data fu scelta dal Comitato di Liberazione Nazionale perché proprio il 25 aprile, da Milano, partì l'appello per l'insurrezione armata contro i tedeschi.

Taranto e l’Italia meridionale erano già sotto il controllo degli anglo-americani dal 1943…


Il 15 marzo 1945 al Teatro San Carlo a Napoli viene rappresentata per la prima volta “Napoli milionaria” di Eduardo De Filippo, specchio di una città martoriata dalla guerra in cui la disperazione e la miseria si intrecciano con l’euforia della liberazione e la consapevolezza che le nuove esigenze militari degli alleati avrebbero richiesto ulteriori sacrifici.

Mentre il nemico continua ad infuriare al nord non ancora liberato, Taranto come Napoli si colora con le variopinte divise di inglesi, polacchi, neozelandesi, indiani, marocchini, liberatori salutati con sorrisi e fiori, con entusiasmo e gratitudine al lancio delle tavolette di cioccolata.

Le truppe trovano alloggio in cinema, teatri, scuole, negli edifici pubblici e nelle fabbriche, negli alberghi Bologna ed Europa e perfino il Museo archeologico viene piegato alle loro necessità. Più un’invasione che una liberazione che porta ben presto, passata l’euforia, ai primi gravi problemi. Le famiglie sfollate nelle campagne e nei territori vicini tornano e chiedono la restituzione degli appartamenti, degli automezzi, dei quadrupedi requisiti per esigenze belliche che una lenta e difficile smobilitazione non consente ancora di riavere. L’arrivo nel nostro territorio dei profughi provenienti dalle zone più martoriate pone altri problemi di assistenza e di sostentamento, così come il rientro dei reduci e il loro riassorbimento nel tessuto produttivo del paese pone la necessità di immediati rimedi per scongiurare un ritorno alle condizioni del 1919 e lo svilupparsi di una vasta disoccupazione nei territori più colpiti dalla guerra.



Pian piano, però, si recupera uno straccio di normalità e si curano le ferite che la guerra ha lasciato, si contano le cicatrici evidenti sul corpo di una comunità provata in modo devastante dal lungo conflitto.

Lo stato di guerra, che aveva reso necessario in tutte le nazioni belligeranti l’adozione di provvedimenti restrittivi sui consumi e le attività dei privati, incidendo fortemente sul loro tenore di vita e sulle stesse libertà individuali con razionamenti, requisizioni, divieti, disposizioni, ora non ha più ragione d’essere e si chiede a gran voce di ripristinare l’illuminazione nelle strade, di abolire il coprifuoco e la censura sulla corrispondenza privata e sulla stampa.

Si impara, giocoforza, a convivere con i nuovi dominatori e molte “Maria Rosaria” tarantine si piegano al mestiere più antico del mondo e si offrono ai “liberatori”; una indagine della Questura di Taranto appura che con l’arrivo delle truppe alleate anche la prostituzione clandestina è aumentata notevolmente, fonte di problemi di ordine pubblico e anche di gravi malattie che una inadeguata struttura sanitaria non riesce a debellare. Delle 160 prostitute fermate per accertamenti, ben 65 risultano affette da malattie contagiose, donne troppo spesso spinte dalla necessità di sfamare i propri figli.



Le fabbriche sono chiuse ed il lavoro manca e ci si industria come si può, si fabbrica sapone in casa, si tingono le ruvide coperte militari e si confezionano cappotti, la stoffa bianca dei paracadute si trasforma in camicie e grembiulini per i piccoli che abili mamme nobilitano con variopinti ricami.

Si lotta contro l’epidemia di tifo, ma è soprattutto la lotta alla malaria che torna ad essere un grave problema sanitario, ultima offesa dei tedeschi in ritirata che avevano allagato intenzionalmente le zone di bonifica per rallentare l’avanzata degli alleati. Terribile malattia cui pone rimedio il chinino, distribuito dallo Stato e soprattutto il DDT, insetticida impiegato su iniziativa degli americani con l’aiuto della famosa pompetta a stantuffo con serbatoio.

In questo clima, perde vigore dopo la liberazione la iattanza della borsa nera e di chi la pratica. Tante erano state le donne “Amalia” di Taranto che nei vicoli della città vecchia si erano improvvisate imprenditrici di traffici illeciti, anche loro comunque per sbarcare il lunario, tanto che il fenomeno era tollerato perfino dalle autorità italiane di fronte all'impossibilità di rifornire altrimenti la popolazione dei beni di prima necessità.



Il potere d’acquisto della moneta cala e si svaluta in modo impressionante, il problema alimentare agita le famiglie stremate che si accalcano nella vecchia piazza coperta, nel mercato improvvisato della Caserma Mezzacapo ma anche nelle bancarelle all’aperto e nei portoni dei palazzi; commercianti senza scrupolo vendono a prezzi altissimi merce varia in violazione al razionamento, condizione pericolosa che porta decine e decine di donne esasperate ad assaltare la Prefettura per chiedere a gran voce di porre rimedio ad una situazione diventata insostenibile.



L'insufficienza delle distribuzioni ufficiali dei beni di consumo razionati, l'inesistenza di un mercato libero o, comunque, la rarefazione crescente della disponibilità di beni, oltre all'inflazione, portano di necessità allo sviluppo di un mercato parallelo, clandestino o tollerato, per la vendita di ogni genere di beni di consumo.

La liberazione, quella dalla fame, dalla disoccupazione, dalla miseria endemica e dall’ignoranza è ancora di là da venire...

"Ha da passà ‘a nuttata"!


FONTE IMMAGINI:

Archivio di Stato di Taranto, Prefettura, Atti di Gabinetto, Annona



 
 
 

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