Una finestra sulla storia di Taranto - Parte IV
- orizzontecultura2
- 6 mag 2020
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Nel passato Taranto era molto famosa per le sue conserve alimentari. L’abbondanza e la bontà delle cozze nere e delle ostriche tarantine aveva dato vita, infatti, al commercio di mitili cotti e poi conditi con una particolare concia agro-dolce o piccante, confezionati in piccoli barilotti detti cognotti, di legno a forma di cono tronco, larghi alla base sei o sette centimetri e alti una trentina.
Della concia delle ostriche aveva parlato anche Apicio nel De Re Coquinaria che univa pepe, ligustro, tuorli d’uovo, aceto, olio, vino e miele, poi nel ‘600 anche Antonio Latini, cuoco del cardinale Barberini, e ancora nel ‘700 Vincenzo Corrado, nella sua famosissima opera Il Cuoco Galante. Ne era ghiotto l’arcivescovo di Taranto Capecelatro che allietava le sue cene napoletane facendosi mandare da Taranto i famosi barilotti. Giovan Battista Basile, autore di Lo Cunto de li Cunti, lo cita nella novella I due figli del mercante.
E ancora a noi più vicino lo scrittore Guido Piovene che, intorno alla metà del secolo scorso, li ha gustati citandoli nel suo libro Viaggio in Italia. A Taranto nel ‘900 li confezionava la ditta Nicola Fago, poi la ricetta passò alla pasticceria La Sem che la esportava a Parigi, Bruxelles, Londra, in recipienti non più in legno, ma in ceramica.

Gli ingredienti della concia sono rimasti segreti anche se Alfredo Maiorano, nella sua imponente raccolta di materiale della tradizione tarantina, ha immortalato la ricetta di questa delizia e così la descrive:
<<I frutti delle ostriche e delle cozze, si friggono sino a quando raggiungono un alto grado di cottura, detto secco di frittura, che rende il frutto molto ammorbidito. A parte, si fa bollire dell’aceto con miele, biscotto sbriciolato e cannella, per circa un’ora. Quando si raffredda, si mescola la frittura e si conserva il tutto in una “capasèdda” dove deve riposare per circa dieci giorni, trascorsi i quali, la concia si mette nei cognotti dove viene conservata>>
Il mare dava vita anche ad un’altra leccornia della quale si conosce molto poco: i barilotti di "ovariche di aurata", cioè di uova di orata conservate sempre nei cognotti. Segno della importanza anche economica della città, le ostriche e le cozze in salsa venivano presentate nelle Esposizioni Universali, quella di Napoli del 1871, quella di Berlino nel 1880, in cui la città di Taranto venne premiata con medaglia d’argento per le ostriche in conserva.

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